fiducia nel papa

finalmente il papa si è pronunciato sulla pedofilia di molti preti.. e si è pronunciato contro!!!

Benedetto XVI in Australia si è così espresso

Una vergogna, siano giudicati

certo il fatto che si sia espresso con questi toni è importante… anche se l’averlo detto in un paese – l’Australia – dove recentemente oltre 100 preti sono stati condannati per reati di pedofilia, dove come al solito i vescovi hanno coperto i preti pedofili invece di denunciarli….

però sono fiducioso, se il papa si spinge a chiedere che i preti che si macchiano di pedofilia (deturpando dei bambini, il che rende il crimine oltremodo abietto) sicuramente darà disposizioni affinché i vescovi non coprano più le nefandezze dei preti quando ne verranno nuovamente a conoscenza

son altresì fiducioso che anche in Italia, dove indagare o giudicare o arrestare un prete diviene una questione politica… sono fiducioso che anche in Italia il papa si esprimerà negli stessi toni e darà le stesse indicazioni ai vescovi di denunciare i preti pedofili e di escluderli dal novero dei preti…

non vedremo mai più preti pedofili trasferiti da una parrocchia ad un’altra invece che denunciati…

non sentiremo più di vescovi che hanno coperto tali abomini con il loro silenzio

ad essere sincero voglio crederci, la mia parte raziocinante e che conserva i ricordi mi dice di non credere, di non avere fiducia… ma voglio vedere se a volte anche da chi e da dove meno te lo aspetti può nascere qualcosa di buono

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chi è causa del suo mal pianga se stesso

DI SABINA MORANDI
Liberazione

Aprile 2010. Dai paesi arabi arriva un aiuto insperato per arginare la crisi di liquidità che sta trascinando nel baratro l’economia occidentale: la finanza islamica, che per motivi religiosi rifiuta la speculazione ed è quindi rimasta immune dall’infezione dei mutui statunitensi, offre il proprio sostegno in cambio della possibilità di vendere il petrolio in euro per compensare gli effetti della disastrosa svalutazione del dollaro. Le capitali europee hanno accettato entusiasticamente mentre la Casa Bianca, per motivi puramente ideologici, ha preferito cedere importanti assetts alle banche cinesi, ormai principali creditrici di Washington. Così Bruxelles decreta che, d’ora in poi, gli europei celebreranno con i musulmani la festa per la fine del Ramadam per esprimere la propria gratitudine…

Fantascienza? Effettivamente il calendario ci ha preso un po’ la mano. Facciamo allora un passo indietro e torniamo al febbraio 2008 quando, nel pieno della crisi causata dai mutui americani, è stato organizzato un summit dedicato alla finanza islamica nel Bahrain, ricco stato insulare affacciato sul Golfo Persico.

E’ stato proprio in quei giorni che, a sorpresa, il governatore della banca centrale Rasheed Al Maraj ha dichiarato ai giornalisti della Reuters: «Il business della finanza islamica non è stato toccato dalla tempesta subprime. Anzi, la crisi del credito potrebbe favorire l’espansione dei prodotti finanziari compatibili con le leggi islamiche anche al di fuori dei mercati asiatici e dei Paesi del Golfo». E, dopo questo annuncio a effetto, il governatore ha illustrato i dati raccolti dall’istituto bancario Abcb.bh secondo i quali nel 2008 il valore di bond e prestiti compatibili con i dettami del Corano raggiungerà i 5 miliardi di dollari. Le cifre fornite dall’istituto del Bahrain sono più che credibili: diversi analisti prevedono che nel 2010 il giro d’affari dei fondi rispettosi della legge islamica toccherà il trilione di dollari, crescendo ogni anno del 15 per cento. Un business che non è stato compromesso, se non marginalmente, dalla crisi dei mutui. Ai giornalisti stupefatti il governatore della banca centrale del Bahrain ha spiegato paziente:

«La nostra religione vieta i prestiti basati sull’interesse o la commercializzazione dei debiti, ogni prodotto finanziario deve essere trasparente e, in tutto e per tutto, compatibile con i dettami del Corano».

L’investitore musulmano quindi non potrebbe mai acquistare prodotti complessi come le famigerate collaterized debt obligations, astrusi prodotti finanziari, tra le principali cause della tempesta subprime. Nel Bahrain, che ha registrato perdite legate ai subprime, è stato proprio Abcb.bh che nel 2007 ha visto i suoi profitti calare del 38 per cento. Una crisi però che ha interessato solo il comparto tradizionale e non la nuova gamma di prodotti compatibili con le leggi coraniche che Abcb.bh, come molte altre banche della regione, ha messo a disposizione dei suoi clienti.
Insomma, non siamo ancora al tracollo immaginario del 2010 ma la finanza globale continua a perdere colpi mentre il fenomeno della finanza islamica è già abbastanza consistente da attirare l’interesse dell’Occidente. Stiamo parlando di qualcosa come 200 istituzioni finanziarie, con oltre 400 miliardi di dollari di fondi gestiti e un tasso di crescita annuale nell’ultimo triennio maggiore del venti per cento tanto da indurre l’istituzione di appositi indicatori, i Dow Jones Islamic Indexes. E stiamo parlando di un miliardo e mezzo di musulmani sparsi su tutto il pianeta. Il motivo di questo boom inaspettato è dovuto a molteplici fattori: prima ci si è messa l’arabofobia post-11 settembre che ha spinto molti musulmani a sgusciare via dalle banche Usa e investire altrove quei capitali che, con l’aumento del petrolio, sono cresciuti in modo esponenziale. Poi è arrivato il tracollo del dollaro e, infine, la crisi dei mutui americani che ha provocato una fuga di capitali dal mercato immobiliare alla spasmodica ricerca di porti sicuri. E i fondi coranici si sono inaspettatamente rivelati il posto migliore dove posteggiare i propri soldi.

Quel che colpisce è che nei paesi islamici si sia riusciti a fare, attraverso la religione, quel che da noi non si è riusciti a fare con l’etica: costruire sistemi finanziari stabili e fortemente connessi alla realtà produttiva e al riparo dall’infezione dell’economia criminale. Come scrive Loretta Napoleoni in Economia canaglia: «La finanza islamica rifiuta istituzioni quali gli hedge funds e i private equity che si limitano a moltiplicare il denaro spostandolo verso investimenti ad alto rischio e alto reddito. Il denaro è solo un mezzo o uno strumento di produttività, come avevano originariamente immaginato Adam Smith e David Ricardo. Questo principio è cementato nei sukuk, le obbligazioni islamiche, che devono sempre essere legate a investimenti reali, per esempio la costruzione di un’autostrada a pedaggio, e mai destinate a scopi puramente speculativi».
Il rispetto del principio religioso dell’haram, inoltre, non garantisce soltanto che le attività economiche finanziate con i nostri soldi si tengano lontane da cose come la distribuzione/produzione di alcool, tabacco e carne suina, ma riguarda anche altre attività proibite dal Corano come il traffico di armi, la pornografia e il gioco d’azzardo, qualcosa su cui concordano anche i laici (o i fedeli di altre religioni) ma che ben poche banche, in Occidente, sono in grado di garantire.
Com’è noto, fino alla fine del Medioevo, anche il cristianesimo condannava l’usura intesa come qualsiasi pagamento dovuto per un prestito di denaro.

La famosa massima aristotelica – «il denaro non può generare denaro» – venne fatta propria dal Concilio di Lione II che, nel 1274, condannò espressamente la riscossione di interessi a fronte della concessione di un mutuo perché considerata come una vendita di denaro con pagamento differito, i cui interessi non erano giustificabili dalla variante del tempo visto che il tempo era considerato “bene comune”. La condanna non aveva quindi a che fare con l’entità del tasso di interesse richiesto: prestare denaro era considerato peccato, qualsiasi compenso fosse richiesto in cambio.
La condanna aristotelica (ed evangelica) in Occidente venne dimenticata con l’avvento dei mercanti mentre rimase nell’Islam. Nel 1970, con la creazione dell’Organizzazione della conferenza islamica (Oci) per riunire i paesi musulmani, la questione dei precetti economici dell’Islam tornò all’ordine del giorno e gli istituti islamici di ricerca economica cominciarono a proliferare. Il loro compito non era facile: si trattava di adeguare un sistema medievale alla realtà di un’economia globalizzata in rapidissima espansione.
Mentre economisti ed esegeti del Corano spaccavano il capello in quattro, però, il prezzo del petrolio quadruplicava. Così, durante il vertice che si tenne a Lahore nel 1974, l’Oci decise di fondare la Banca islamica di sviluppo. Fu proprio questa istituzione, con sede a Gedda, che gettò le basi di un sistema di aiuto reciproco fondato su principi islamici che sarebbe sfociato nel fenomeno finanziario di oggi. Nel 1975, dopo la fondazione della prima banca privata islamica, la Dubai Islamic Bank, venne costituita un’associazione internazionale con il preciso compito di stabilire le norme e difendere gli interessi comuni. Il Pakistan fu il primo paese a decretare l’islamizzazione di tutto il settore bancario nel 1979, e poi venne seguito a ruota dal Sudan e dall’Iran. A quel punto fu chiaro che i giuristi musulmani dovevano darsi da fare per adattare una tradizione pre-capitalistica ai bisogni della società contemporanea.

Benché la religione si mostrasse molto favorevole al commercio – che era stata la professione esercitata dal profeta Maometto – l’antica condanna aristotelica pendeva sui guadagni generati dalla finanza “pura”. L’Islam proibisce in particolare la riba, parola tradotta generalmente con “usura” che in realtà significa “aumento”. Naturalmente – visto che tutto il mondo è paese – è proprio sull’interpretazione di questa parola che si scatenano da sempre le controversie: secondo alcuni la riba fa riferimento a tutte le forme di “interesse fisso” mentre per altri il termine designa soltanto l’interesse eccessivo. In realtà, senza contestare il principio della remunerazione del denaro dato in prestito, la tradizione islamica rifiuta l’aspetto “fisso e predeterminato” dell’interesse, con tutte le sue implicazioni in materia di equità e di potenziale di sfruttamento del debitore. La finanza islamica propugna piuttosto l’equa spartizione dei rischi e dei guadagni che risale ai primi tempi dell’Islam, quando la forma di finanziamento applicata correntemente consisteva nell’associare chi concede il prestito e chi lo ottiene. I teorici della finanza islamica ritenevano – a ragione – che questo sistema si adattasse meglio sia ai bisogni economici del mondo islamico che alle esigenze morali della religione. In effetti, mentre la banca classica privilegia i possessori di capitali o di beni suscettibili di essere ipotecati, la finanza associativa favorisce gli imprenditori dinamici anche se hanno pochi fondi. A tutto ciò l’Islam aggiunge anche una dimensione caritativa: nella gestione della zakat, l’elemosina che per i musulmani è precetto religioso, le banche hanno l’obbligo di lottare contro la povertà e l’esclusione.
Il nuovo sistema finanziario islamico si fonda quindi su due principi di finanza associativa: la mudarab a (accomandita) e la musharaka (associazione). Altri strumenti “neutri”, come la murabaha (dove la banca svolge il ruolo di intermediario commerciale comprando le merci necessarie ai suoi clienti e realizzando un profitto rivendendogliele), dovrebbero svolgere un ruolo di transizione per permettere alle banche di realizzare un reddito in attesa della diffusione dell’uso della finanza di partecipazione.

Anche la remunerazione dei depositi viene fondata sul principio della spartizione delle perdite e dei profitti: i conti di risparmio vengono remunerati in funzione degli utili fatti dall’istituto e i conti di investimento destinati a finanziare specifiche iniziative vengono retribuiti in funzione dei guadagni realizzati da questi investimenti. Dal punto di vista laico non è molto rassicurante il fatto che gli unici garanti del rispetto di questi virtuosi precetti siano le autorità religiose, incaricate di vegliare sulle virtù delle banche islamiche così come vegliano sulla macellazione degli animali. Ma di fronte alla catastrofe economica provocata dagli speculatori dobbiamo ammettere che non ci dispiacerebbe affatto se il Papa si volgesse alla tradizione anche in questo campo, condannando alle fiamme più o meno eterne chi gioca d’azzardo con il nostro futuro.

Sabina Morandi
Fonte: ComeDonChisciotte

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soldi: per Rete4 si, per la polizia no

il 13 giugno 2008 il ministero dell’interno (governo Berlusconi) dirama la seguente direttiva:

gli accreditamenti per le manutenzioni ordinarie sono sospese

???

che vuol dire?

significa che non ci sono (o per meglio dire vengono usati diversamente) i soldi per le spese di ordinaria manutenzione nelle caserme di polizia e carabiniere

negli edifici che rappresentano lo stato, lo stato non riesce (perché ha altre priorità) a cambiare nemmeno le lampadine fulminate…

riporto dal giornale la Repubblica:

Mancano i soldi per gli agenti sui treni a lunga percorrenza: da 8 mesi sono in attesa delle indennità. Dimezzati poi i fondi per la squadra nautica di Porto Empedocle: le motovedette impegnate sul fronte caldo dell’immigrazione clandestina rischiano di rimanere in porto.

strano che con un governo di destra le forze dell’ordine debbano trovarsi in queste condizioni, tutti ci aspettavamo che, dopo aver montato l’emergenza sicurezza con massicce campagne mediatiche, le forze dell’ordine avrebbero visto aumentare i fondi a disposizione…

strano che non ci siano i soldi per la polizia mentre i 350.000 euro al giorno per far trasmettere abusivamente Rete4 si riescono a trovare con molta facilità, e senza fare collette come si fa per finanziare la ricerca sul cancro….

in effetti non me lo immagino un avviso del tipo

invia un SMS al XXXXXX per permettere a Rete4 di trasmettere abusivamente

il costo è di 1 euro+iva

non cedo che avrebbe molte adesioni un appello del genere, eppure lo stiamo già pagando, dl 1° gennaio 2006, e alla fine del quinquennio della tessera 1816 ella P2 Rete4 e Emilio Fede ci saranno costai un miliardo di euro

non molto, a dire la verità… 16 euro a testa (neonati compresi) estorte per avere programmi e informazione di qualità non sono molti

quindi che si sappia che Rete4 e Emilio Fede grazie a noi e ai nostri soldi esistono malgrado le leggi italiane ed europee

fonte: Polizia e caserme, non c’è un euro “manutenzione? pensateci da soli”

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confronto Italia Spagna vs Vaticano

  1. sia l’Italia che la Spagna sono nell’immaginario collettivo e del vaticano due paesi cattolici (in realtà i cattolici praticanti e/o credenti sono molto di meno dei cattolici solo a parole)
  2. entrambi i paesi si definiscono laici nella loro costituzione
  3. in entrambi i paesi il vaticano cerca continuamente di interferire nella politica, arrogandosi un ruolo politico in forza della presunta cattolicità del popolo (tutta da dimostrare, ma per “rispetto” nessuno lo dice)

come si pone nei confronti del vaticano il governo spagnolo e come si pone quello italiano?

Zapatero (Spagna):

Niente più funerali di Stato, basta con i crocifissi negli atti pubblici.

la Chiesa dev’essere cosciente che “la Costituzione non le concede nessun privilegio”.

Non deve esistere nessuna discriminazione nei rapporti con le altre religioni

Berlusconi (Italia):

al vescovo di Tempio Pausania che gli stava porgendo l’ostia: «Eccellenza, perché non cambiate le regole per noi separati e ci permettete di fare la comunione?»

il papa leggerà la bibbia sulla televisione pubblica(??), la Rai (senza il benestare del premier non si potrebbe fare, dato che ha avuto il potere di esiliare dalla Rai Enzo Biagi e piazzare varie “amichette” grazie al direttore di Rai Fiction Saccà)

e pensare che il vaticano non manca di emittenti televisive e radiofoniche, Radio Vaticana emette un segnale così potente da aver provocato il tumore e la morte a molte persone

Zapatero ha detto che oramai la Spagna ci ha superato in tutto, anche nel calcio

gli spagnoli stiano crescendo moltissimo (intendo come popolo, non come mera economia) noi italiani invece stiamo regredendo alla forma che ci compete, ovvero al paese in cui stiamo vivendo, illudendoci però di vivere nel paese che ci mostrano sulle TV…

Fonte:

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la realtà

la realtà è quella cosa che quando smetti di crederci non svanisce – Philip K. Dick

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pagheremo ancora per l'ICI

tutti sono in grado di capire cosa vuol dire non pagare più una tassa

non tutti però sono in grado di capire un concetto molto semplice,ovvero che se diminuiscono i soldi che guadagni dovranno purtroppo diminuire le spese che potrai fare

ancor meno sono le persone in grado di capire che l’economia, che la si applichi ad una famiglia, ad una azienda, ad uno stato, continua a dover sottostare al basilare e elementare concetto sopra esposto
ora, con grande enfasi è stato prima annunciato e poi messo in atto quanto promesso da Berlusconi: l’ICI è stata abolita (strano che abbia mantenuto questa promessa, quella del milione di posti di lavoro o quella della cordata italiana per l’acquisto di Alitalia aspettano…)

non entro nel merito di calcolare quanto effettivamente ognuno di noi ha risparmiato (anche se è alla portata di tutti capire che l’ICI che non pagherò se la mia prima casa è un normale appartamento è di gran lunga inferiore all’ICI che non pagherà chi come prima casa ha una villa, o un superattico, o un appartamento in centro a Roma comprato a prezzi ridicoli da enti statali da Mastella e altri politici).

facciamo i conti sulle spese che non potremo più effettuare come popolo italiano e poi valutiamo se ne è valsa la pena, perché per tagliare l’ICI sono state depennate da Tremonti molte spese già programmate, però questa è una notizia che on sentirete sui telegiornali o da Bruno Vespa:

  • fondo anti violenza per le donne (20 milioni)
  • fondo per l’inclusione sociale degli immigrati (50 milioni)
  • fondo per l’abbattimento degli ecomostri (45 milioni)
  • fondo per il sostegno al trasporto ferroviario delle merci
  • fondi per il completamento della strada Ionica (350 milioni)
  • fondi per la metro leggera di Palermo (240 milioni)
  • fondi per la ferrovia circum-etnea (250 milioni)
  • fondi per la piattaforma logistica in Sicilia (247 milioni)
  • fondi per la superstrada Agrigento e Caltanissetta (180 milioni)
  • 721 milioni di euro destinati a rafforzare il trasporto locale, pubblico e su ferrovia
  • “Fondo per la promozione del trasporto pubblico locale”, 353 milioni di euro stanziati per il triennio 2008-2010
  • fondo per i trasporto verde nei centri storici. “Togliere i soldi per rinnovare autobus e trasporti rapidi di massa come metro e tramvie – denuncia Marcello Panettoni, presidente dell’Associazione che riunisce le aziende di trasporto pubblico locale – vuol dire condannare un sistema già in gravi difficoltà“
  • 30 milioni per il “recupero dei centri storici”
  • 60 milioni per le isole minori
  • fondi per le biotecnologie
  • fondi per le filiere Ogm free
  • Fondi per “l’ammodernamento delle rete idrica nazionale” (70 milioni)
  • fondi per le “forestazione e riforestazione” (150 milioni)
  • Fondo ordinario delle Università (48 milioni)
  • fondo per la Formazione artistica e culturale (27 milioni)
  • fondo per “la promozione dello sport di cittadinanza” (95 milioni)
  • Tagli per i Campionati mondiali di pallavolo 2010 e per quelli di ciclismo
  • fondi per lo sviluppo della banda larga (50 milioni)
  • fondi per il passaggio al digitale terrestre (20 milioni)
  • fondi per il potenziamento dell’informatizzazione pubblica (31 milioni)

se non lo avete notato sono state penalizzate maggiormente le fasce più deboli, le regioni meridionali, le risorse per ammodernare il paese, lo sport…

siamo sicuri che ci convenga? e anche se oggi ci fanno comodo quelle poche centinaia di euro risparmiate abbiamo idea di quanto ci costeranno?

per approfondire e verificare:

  1. Donne, ambiente e disoccupati – Ici e Alitalia si mangiano i fondi
  2. Amministratori del sud all’attacco: “Il taglio dell’Ici è una rapina”
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scoperto un modo per farsi eleggere di sicuro in parlamento

allora, come poso fare per farmi eleggere anche io parlamentare?

fra 4 ani dovremmo tornre nuovamente al voto per il parlamento e io ho deciso di mettermi in politica sul serio, quindi non partirò da un consiglio comunale per poi passare alla regione e infine, se sarò riuscito a farmi eleggere sempre e a evitare quindi di diventare dirigente di qualche azienda pubblica, candidarmi al parlamento.

io no! ho letto come si fa a essere eletti di sicuro in parlamento…

è facile:

  1. mi candido in un collegio estero (per esempio nel collegio Europa)
  2. dichiaro di risiedere in Belgio
  3. mi rivolgo a Carlo Taormina come avvocato

avvocato? e a che mi serve direte voi?

l’avvocato mi servirà perché qualcuno si lascerà insospettire dal fatto che io in Belgio non ci ho mai messo piede (sebbene vi dichiari la mia residenza)

l’avvocato mi servirà perché diranno che ho commesso dei brogli elettorali dato che riceverò 24.500 voti da gente che non sa nemmeno che esisto ma se mi voterà saranno pure cazzi loro

l’avvocato Carlo Taormina mi servirà perché è bravo (per difendere Berlusconi devi essere davvero bravo) e perché siederà con me in parlamento, e si sa che fra colleghi parlamentari ci si aiuta

forse un magistrato chiederà di arrestarmi ma io non avrò paura perché il permesso di arrestarmi dovrà darlo il parlamento e, ripeto, si sa che fra parlamentari ci si aiuta

ah dimenticavo, mi candiderò con Berlusconi, così da seguire fino in fondo l’esempio del mio novello maestro di vita Nicola Di Girolamo

è a lui e al suo esempio che dovrò il mio futuro da parlamentare

e vi prometto che una volta eletto taglierò tasse e creerò un milione di posti di lavoro

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la percezione della violenza

la maggior parte della gente non solo accetta la violenza se viene praticata da legittime autorità, ma la considera sostanzialmente legittima contro certe categorie di persone, a prescindere da chi ne fa uso – Edgar Z. Friedenberg

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Perchè scegliere l'Equo e Solidale

Questa forma di commercio è stata ideata dagli Olandesi, negli anni Ottanta.

I cafetaleros, i coltivatori di caffè dell’America Latina, erano all’epoca costretti a vendere i loro prodotti a prezzi bassissimi, e gli incassi riuscivano appena a ripagare i costi di produzione.

Questo perché il lunghissimo ciclo di intermediazioni commerciali che permetteva al caffè prodotto di arrivare al consumatore, garantiva ai vari intermediari di trattenere per se un gran margine di incassi, le aziende “ingrassavano” e i produttori facevano la fame.

Un gruppo di produttori olandesi si offrì dunque di comprare piccole quantità di caffè per poi rivenderle sul mercato olandese, in modo tale da distaccarsi dal circolo di speculazioni.

L’iniziativa, identificata dallo slogan “Trade not aid (commercio, non aiuto), in breve si indirizzò a moltissimi altri prodotti sia alimentari sia artigianali, oggi disponibili in Europa nelle Botteghe del Mondo, dando vita a ciò che oggi è conosciuto come Mercato Equo e Solidale.

Il consumatore, perciò, diventa da una parte più consapevole, ed entra in contatto diretto con la fonte che produce la merce, dall’altra permette ai paesi del Sud America di crescere, di sviluppare la propria economia tramite questi incassi a prescindere dalle forme di aiuto assistenziale.

Come base prima di questa tipologia di commercio vi è indubbiamente un maggior rispetto verso il lavoro e verso l’impegno di popolazioni che hanno sempre trovato difficoltà a rientrare nel meccanismo di scambi che rischia di diventare, più che una normale pratica di commercio, un gioco a tavolino che prescinde ed è poco interessato al prodotto stesso commerciato, in favore dell’arricchimento dei già ricchi.

Per questo il Mercato Equo e Solidale è indubbiamente una forma di scambio più sana, naturale, e come la parola stessa suggerisce, più giusta per entrambe le parti, produttore e consumatore.

In Italia il Mercato Equo e Solidale si sviluppò nella metà degli anni Ottanta, grazie all’interessamento di associazioni che già da qualche anno fornivano aiuti ai Paesi del Terzo Mondo.

Attualmente sul territorio sono presenti oltre 450 botteghe dei Mercati del Mondo, e dal 1995 grazie alla nascita del marchio TransFair , i prodotti dei Mercati sono presenti anche sui circuiti di vendita tradizionali.

TransFair è membro FLO (Fairtrade Labelling Organizations International ), un’organizzazione senza scopo di lucro, con sede in Germania, fondata nel 1997.

Essa, tramite FLO-cert, un’agenzia indipendente, fornisce garanzie ben precise sulle caratteristiche dei prodotti del Mercato Equo e Solidale e sui rapporti che intercorrono con i produttori.

  • I prodotti devono venire esclusivamente dell’America Latina, da produttori organizzati collettivamente e democraticamente. Ogni intermediazione non necessaria è proibita.

  • Il prezzo di vendita della merce viene deciso con i produttori e deve non solo coprire i costi di produzione ma garantire delle entrate dignitose ai lavoratori

  • I contratti tra produttori e importatori devono essere almeno annuali, e rinnovabili

  • i produttori hanno il diritto ad incassare il 60% del valore del contratto prima della spedizione della merce (per evitare l’indebitamento e il ricorso agli usurai)

  • i prodotti devono soddisfare le richieste di mercato, questo per stimolare la crescita e lo sviluppo delle moderne tecniche di produzione

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ricordiamoci di Craxi

L’ex Presidente del Consiglio ed ex Ministro Giuliano Amato ha affermato che “Craxi sarà ricordato come un grande statista ed un grande politico” e che, all’epoca, “il pronunciamento della Procura di Milano contro la depenalizzazione del finanziamento illecito ai partiti fu atto deplorevole”.

Peccato che Amato ometta di ricordare che Craxi morì da pregiudicato latitante che si era sottratto alla giustizia e alle leggi del suo Paese, avendo maturato due condanne definitive (5 anni e 6 mesi per corruzione nel processo Eni-Sai; 4 anni e 6 mesi per finanziamento illecito per le mazzette della metropolitana milanese) e varie altre che stavano per diventarlo (3 anni in appello per la maxitangente Enimont, 5 anni e 5 mesi in primo grado per le bustarelle dell’Enel, 5 anni e 9 mesi in appello per il Conto Protezione). Posso anche accettare l’idea che Craxi sia stato uno statista che, ad esempio, ha difeso l’autonomia del nostro Paese contro gli Stati Uniti (vedi caso Sigonella), ma certo egli era uomo corrotto e ladro.

Nessuna grandezza di statista potrà mai permettere di cancellare i suoi atti di corruzione ed i suoi furti ai cittadini italiani. La Magistratura individuò infatti 50 miliardi sui conti personali svizzeri Northern Holding e Constellation Financière, più quelli (mai visti né calcolati) bloccati a Hong Kong perché quello stato non ha mai risposto alle rogatorie. Di questi, guarda caso, una parte fu versata da Berlusconi: ben 21 miliardi versati fra il 1990 e il ’92, estero su estero, trasferiti dai suoi conti svizzeri (“All Iberian“) ai conti svizzeri di Craxi (“Constellation Financiere” e “Northern Holding”). Ciò dopo che Craxi ebbe ad emanare un decreto (detto “Decreto Berlusconi“) che permetteva di trasmettere su tutto il territorio nazionale, pur in assenza di assegnazione delle frequenze.

fonte:Craxi: statista, corrotto e ladro

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