la campagna elettorale è cominciata

Il Giornale di Berlusconi ed il Panorama, sempre del gruppo Berlusconi, spara la notizia “Di Pietro indagato” con una sfilza di reati che più ne ha, più ne metta. Sembrerebbe che stiano facendo chissà quale indagine nei miei confronti e chissà quali reati avrei commesso assieme ad altri dirigenti dell’Italia dei Valori in riferimento a contributi pubblici ricevuti.

I fatti in questione derivano da una serie di denuncie presentate da uno dei simpatizzanti e soci aderenti all’Italia dei Valori che ha deciso di andare via perché non condivideva più la nostra politica, e ha messo in piedi un’infinita sfilza d’atti giudiziari, ben 13 in sede civile ed uno in sede penale. Tutte le cause in sede civile sono terminate e hanno visto soccombente e condannato alle spese processuali. Questo soggetto non ha nemmeno pagato le spese processuali a cui era stato condannato dai vari tribunali, ben 13, e gli è stata sequestrata e messa in vendita la casa, proprio perché non adempiva ai provvedimenti del giudice con riferimento alle sue false affermazioni negli atti di citazione proposti.

Sempre per gli stessi fatti, questo soggetto ha presentato un esposto alla Procura della Repubblica, che già dal marzo dell’anno scorso ha richiesto l’archiviazione per l’insussistenza dei fatti, affermando in via preliminare di tenere presente che il soggetto in questione è emotivamente coinvolto in tutte le vicende presentate e non è chiaramente sereno nelle sue espressioni di volontà. Parole della Procura della Repubblica, una richiesta d’archiviazione, e non di indagine, dove non sono stato nemmeno interrogato perché non è stato necessario, che viene trasformata oggi, a ridosso delle elezioni politiche, dai giornali di Berlusconi, Il Giornale e il Panorama, in un’accusa da sparare in prima pagina per cercare di denigrare e diffamare l’avversario.

C’è bisogno di una riflessione. Quando ho posto e proposto nei giorni scorsi la necessità di un’informazione non asservita agli ordini del padrone, un’informazione indipendente e trasparente. Democratico è quello Stato e quel popolo in cui chi governa è sottoposto, tra i tanti controlli, a quell’informazione che dice i fatti per come stanno realmente.
In occasione delle elezioni del 2006 questi stessi fatti erano già stati utilizzati, perché vecchie denuncie del 2004, e che già erano state richieste tutte le archiviazioni ed erano già state disposte le sentenze civili che hanno rilevato la totale insussistenza di questo grafomane che va in giro nei tribunali a fare denuncie. Nel 2006 le hanno utilizzate per tentare di screditarci in campagna elettorale, e sono state riesumate oggi solo per un fatto tecnico, che vi spiegherò a breve, che serve a screditare durante la campagna elettorale.
Il fatto tecnico è molto semplice: se a seguito alla richiesta d’archiviazione la controparte, in questo caso il grafomane di professione, fa opposizione, vi deve essere necessariamente un’udienza dove si discute l’opposizione all’archiviazione.
Penso che non sia stata avviata alcun’azione penale, perché mai è iniziata e mai ci sono state udienze di questo genere.

Morale della favola: se durante la campagna elettorale, proprio nel giorno in cui l’Italia dei Valori e il Partito Democratico sottoscrivono un programma d’impegno preciso di cose che andremo a fare con gli elettori, con azioni concrete in materia di legalità, lavoro, sicurezza ed informazione, questi hanno bisogno di ricorrere a queste falsità per cercare di offuscare l’immagine della campagna elettorale vuol dire che sono proprio alla frutta.

Una seconda morale, più importante, è un’altra: è ovvio che quando diciamo che nel programma della prossima legislatura ci deve essere necessariamente la risoluzione del conflitto d’interessi, questa è la dimostrazione plastica della sua necessità, perché finché metteremo in mano a colui che deve comandare anche il controllo dell’informazione, avremo un’azione continua ed efficace di disintegrazione dell’avversario politico utilizzando proprio gli organi d’informazione. Mi fa male e fastidio, ormai ci ho fatto il callo, ma quante altre persone possono resistere a questo stato di disinformazione nel nostro Paese? – Antonio Di Pietro

gli articoli di cui parla Di Pietro sono questi due: Le bugie di Tonino su Il Giornale e In tribunale i rimborsi elettorali all’Italia dei Valori su Panorama

ambedue i giornali sono proprietà di Silvio Berlusconi

Posted in Berlusconi, che schifo, Italia | Tagged , , , , , | Leave a comment

la carne viene fatta anche così

65.000 tonnellate di carne sequestrate negli Stati Uniti

gli animali erano torturati con bastonate, scosse elettriche ed annegamenti con getti di acqua ad altra pressione

gli animali erano talmente terrorizzati da dover essere trascinati al mattatoio con carrelli elevatori, fatti rotolare e feriti con le due forche del muletto

gli animali sono stati trattati in maniera talmente crudele, che le sevizie e le torture inflitte li avrebbero portato alla pazzia, tanto da rendere pericolosa la loro carne per l’alimentazione

che dire, un altro trionfo della nostra società, capace di inventarsi la necessità di dover produrre così tanta carne per diventare sempre più obesi e cardiopatici, lasciando in contropartita miliardi di persone nella fame e povertà

fonte: ecoblog, il video invece lo trovate qui

Posted in che schifo, economia, Stati Uniti d'America | Tagged | Leave a comment

la fragile economia del dollaro

DI MIKE WHITNEY
Global Research

La borsa del petrolio dell’Iran potrebbe travolgere il dollaro

Due settimane fa Bush è stato inviato in missione in Medio Oriente per consegnare «una testa di cavallo». Ricordiamo tutti la scena sconvolgente del film «Il Padrino» di Francis Ford Coppola, quando Luca Brasi va a Hollywood per convincere un produttore di film recalcitrante a prendere suo nipote Don Corleone nel prossimo film. Il grande produttore è infine convinto ad ingaggiare il giovane attore quando si risveglia nel suo letto affianco alla testa mozzata del suo pregiato purosangue. Penso che Bush abbia fatto «un’offerta che non si può rifiutare» di questo stesso genere ai dirigenti dei paesi del Golfo quando si è intrattenuto con loro agli inizi del mese.

I media hanno tentato di descrivere il viaggio di Bush in Medio Oriente come una «missione di pace», ma non si trattava che di una cortina di fumo. Infatti, tre giorni dopo che Bush aveva lasciato Gerusalemme, Israele intensificava le sue operazioni militari nei territori occupati, riprendendo il suo spietato blocco del cibo, dell’acqua, delle medicine e dell’energia, contro il milione e mezzo di abitanti di Gaza. In termini chiari, o Bush ha dato il via libera alle operazioni o le aggressioni israeliane sono uno sberleffo al Presidente degli Stati Uniti.

Allora quale era lo scopo reale del viaggio di Bush? Dopo tutto, non ha alcun interesse alla pace o al rispetto del suo impegno a risolvere la crisi israelo-palestinese. Perché avrà scelto di visitare il Medio Oriente quando il suo secondo mandato presidenziale è agli sgoccioli e non ha alcuna chance di riuscita?

A volte le visite personali sono importanti, in particolar modo quando la natura delle informazioni è così delicata che il messaggio deve essere trasmesso faccia a faccia. In questo caso Bush si è dato la pena di attraversare mezzo mondo per dire ai Sauditi ed ai loro amici degli stati del Golfo che dovevano continuare a legare il loro petrolio al dollaro, se no sarebbero andati «a riposare con i pesci» [altro riferimento al film Il Padrino, ndt]. In questi ultimi due mesi, diversi sceicchi e ministri delle finanze si sono lamentati per la caduta del dollaro e hanno minacciato di rompere con la famosa «indicizzazione con il dollaro» e di optare per un paniere di divise monetarie. Il viaggio di Bush sembra aver ravvivato lo spirito di cooperazione fraterna. Il malcontento è cessato e tutti sono risaliti «a bordo». I dirigenti regionali sembrano oggi molto meno infastiditi dal fatto che l’inflazione intacca le loro economie e non cessa di accrescere i costi della mano d’opera, del del cibo, dell’energia e degli immobili.

L’agenzia di stampa Reuters lo riassume così :

«Dopo una raffica di disaccordi pubblici sulla riforma monetaria l’anno scorso, le banche centrali del Golfo tentano di fare fronte comune vantando l’indicizzazione come fonte di stabilità e minimizzando la debolezza del dollaro come un fenomeno passeggero».

Si direbbe che Bush addolcisca le cose.

In queste due ultime settimane, i dirigenti del Golfo hanno osservato con nervosismo la Federal Reserve ribassare mostruosamente i tassi d’interesse di 125 punti di base. I ribassi erodono costantemente il capitale di 1 trilione di $ (mille miliardi) che gli sceicchi hanno investito nei buoni del tesoro e nei titoli USA.

«L’inflazione in Arabia Saudita e nell’Oman è al suo livello più alto da 16 anni. L’inflazione è salita ad un tetto raggiunto 19 anni fa negli Emirati Arabi uniti. I responsabili politici del Golfo sono pronti ad intervenire direttamente nel mercato dei prestiti, dei beni immobili e dei prodotti per compensare la riduzione dei tassi». (Reuters)

Il valore dei beni immobili è salito a razzo. Negli Emirati Arabi Uniti, il valore delle proprietà commerciali è raddoppiato dall’inizio del 2007. La bomba inflazionista ha costretto altri paesi del Golfo a versare aiuti alimentari alle loro popolazioni e ad «un aumento del 70% dei salari per alcuni impiegati del governo federale degli Emirati Arabi Uniti».

I lavoratori emigrati malcontenti hanno recentemente manifestato violentemente a Dubai, esigendo d’essere indennizzati equamente per il forte aumento dei prezzi. Il valore del riyal, la moneta dell’Arabia Saudita, ha raggiunto il suo livello più alto da 21 anni a questa parte.

Gli agenti di cambio si attendono un altro aumento dell’8% del dirham e del riyal entro il mese di aprile prossimo e predicono che i tassi d’interesse obbligheranno le banche centrali degli stati del Golfo a convertirsi all’euro o ad un paniere di divise monetarie della regione. Tuttavia, sino ad ora i fedeli principi sauditi non hanno cessato di sostenere il dollaro.

Difendere l’egemonia del dollaro

Qual è l’importanza quindi di continuare a valutare il petrolio in dollari? Gli Stati Uniti farebbero la guerra per difendere lo statuto di «moneta di riserva» mondiale del dollaro? La risposta a questa domanda potrebbe arrivare questa settimana, poichè la tanto attesa Borsa del Petrolio iraniano deve aprire tra il 1° e l’11 febbraio. Secondo Davoud Danesh-Jafari, il ministro delle finanze iraniano, «tutti i preparativi sono stati fatti per lanciare la borsa; si aprirà durante i dieci giorni della festa dell’Alba» (le cerimonie che commemorano la vittoria della Rivoluzione islamica del 1979 in Iran). Questa borsa è considerata come una minaccia diretta contro il dominio mondiale del dollaro, poichè esigerà che «il petrolio, i prodotti petrolchimici ed il gas iraniano» siano scambiati contro monete diverse dal dollaro USA. (Press TV, Iran) [La notizia originale citata è questa, l’annuncio ufficiale dell’apertura è stato dato il 17 Febbraio. N.d.r]

Il sistema del petrodollaro non è diverso dal sistema dello standard aureo. Oggi questa divisa è semplicemente garanzia di una fonte di energia vitale da cui dipende ogni società industrializzata: il petrolio. Se il dollaro non fosse più l’unica moneta utilizzata nella vendita del petrolio, non sarebbe più di fatto la moneta di riserva mondiale e gli Stati Uniti sarebbero costretti a ridurre massicciamente il loro deficit commerciale, a ricostruire le loro capacità industriali e a ridivenire un paese esportatore. La sola alternativa è di creare una cerchia di regimi clienti, che reprimano le aspirazioni collettive dei loro popoli al fine di poter seguire scrupolosamente le direttive di Washington.

In quanto a sapere se l’amministrazione Bush comincerebbe una guerra per difendere l’egemonia del dollaro, è una domanda che bisognerebbe rivolgere a Saddam Hussein. L’Iraq fu invaso proprio sei mesi dopo la conversione di Saddam all’euro. Il messaggio è chiaro, l’Impero difenderà la sua moneta.

Ugualmente, l’Iran ha rimpiazzato il dollaro nel 2007 e ha richiesto che il Giappone paghi le sue enormi fatture d’energia in yen. La «conversione» ha irritato l’amministrazione Bush e d’allora l’Iran è il bersaglio dell’aggressività degli Stati Uniti. Infatti, anche se 16 agenzie d’informazione degli Stati Uniti hanno pubblicato un rapporto (NIE) dicendo che l’Iran non sta sviluppando armi nucleari e anche se l’Agenzia Internazionale dell’Energia Atomica constata che l’Iran adempie ai suoi obblighi rispetto al Trattato di non-proliferazione nucleare (TNP), un attacco preventivo degli Stati Uniti contro l’Iran sembra sempre probabile.

E anche se i media occidentali minimizzano ormai le prospettive di una nuova guerra nella regione, Israele sta prendendo precauzioni e ciò suggerisce che l’idea non è poi così campata in aria. «Israele chiede che dei rifugi antibomba siano installati allo scopo di preparare il pubblico ad un’altra guerra che, questa volta, vedrà piovere missili». (Press TV, Iran)

«La prossima guerra conoscerà un ricorso massivo alle armi balistiche contro l’insieme del territorio israeliano» ha affermato Udi Shani, un generale a riposo. (Global Research)

La Russia, che pensa che le possibilità di un conflitto nel Golfo vadano in crescendo, ha risposto con l’invio di una forza navale nel Mediterraneo e nell’Atlantico del Nord.

Secondo un articolo apparso in inglese sul sito Global Research:

«La nave ammiraglia della flotta del Mar Nero della Russia, l’incrociatore lancia-missili Moskva ha raggiunto la flotta da guerra russa nel Mediterraneo il 18 gennaio per partecipare alle manovre in corso… L’operazione attuale è la prima operazione in grande scala della Marina russa nell’Atlantico negli ultimi 15 anni. Tutte le navi e gli aerei da combattimento trasportano munizioni da combattimento».

Anche la Francia pianifica manovre militari nello Stretto di Ormuz. L’operazione «Bouclier du Golfe 01» [Scudo del Golfo 01, ndt]) avrà luogo al largo delle coste dell’Iran e impiegherà migliaia di soldati in operazioni armate interforze che includeranno – tra l’altro – simulazioni di attacchi a piattaforme petrolifere».

Secondo il ministro della Difesa francese, «le esercitazioni che si svolgeranno dal 23 febbraio al 5 marzo vedranno la partecipazione di 1500 soldati francesi, 2500 degli Emirati e 1300 del Qatar. Queste manovre avranno luogo su terra, in mare ed in aria». E secondo il tenente-colonnello Fusalba, «circa una mezza dozzina di navi da guerra, 40 aerei e decine di veicoli blindati prenderanno parte alle esercitazioni militari». (Defense News)

Inoltre, nell’ultima settimana, tre dei principali cavi sottomarini che assicurano il traffico Internet sono stati rotti nel Golfo Persico e i tre quarti delle comunicazioni internazionali tra l’Europa ed il Medio Oriente sono state interrotte. Una gran parte del Medio Oriente è piombata nell’ignoranza [Vedi qui, qui e qui N.d.r.].

E’ puramente una coincidenza o c’è qualcos’altro sotto la superficie?

Ian Brockwell, dell’ «American Chronicle» ha detto:

«Nell’ipotesi che la rottura dei cavi non sia frutto del caso, ci dobbiamo chiedere chi farebbe una cosa del genere e perché. Evidentemente l’Iran, che è stato il più colpito, non avrebbe avuto interessi in una tale azione e potrebbe essere il bersaglio dei responsabili. Si tratta del preludio di un attacco o di un test per un attacco futuro? Le comunicazioni sono sempre state un fattore importante dell’azione militare e la rottura dei cavi potrebbe ridurre la capacità difensiva dell’Iran». (American Chronicle) [In realtà, come spiegato negli articoli e relativi commenti indicati sopra, l’Iran sarebbe stato colpito solo marginalmente dall’interruzione delle comunicazioni N.d.r.]

Malgrado l’assenza di copertura mediatica, nel Golfo le tensioni salgono e le probabilità di un attacco da parte degli Stati Uniti contro l’Iran rimangono molto elevate. Bush è convinto del fatto che se non affronta l’Iran, allora non lo farà nessuno. Crede anche che, se non difenderà militarmente il dollaro, l’unica superpotenza mondiale che sono gli stati Uniti apparterrà presto al passato. Ora, il vero problema è sapere se Bush si renderà conto che gli Stati Uniti sono già irrimediabilmente impantanati in due conflitti «non vincibili» o se ancora una volta «ascolterà i suoi visceri» e ci trascinerà in un nuovo rovinoso conflitto nella regione.

Titolo originale: “Fragile Dollar Hegemony: Iran’s Oil Bourse could Topple the Dollar”

Fonte:http://www.globalresearch.ca/
Link
04.02.2008

Traduzione di BIANCAROSA ROMANO per www.comedonchisciotte.org

Posted in approfondimenti, economia, Stati Uniti d'America | Tagged , , , , | 1 Comment

sono sempre più convinto di votare Di Pietro…

Quattro punti secchi:

  • una sola televisione pubblica senza pubblicità, pagata dal canone e sottratta all’influenza dei partiti
  • l’esecuzione della sentenza europea su Europa 7 e lo spostamento di Rete 4 sul satellite
  • limite di una sola rete per i concessionari privati (come Mediaset)
  • abolizione dei finanziamenti pubblici all’editoria

La Corte europea ha detto che rispetto alla diatriba tra Retequattro e Europa 7 si deve ristabilire la legalità, ridando a Europa 7 quello che è di Europa 7 e trasferendo Retequattro sul satellite. Quindi dico a Berlusconi: se non vuoi rispettare la legge e le sentenze italiane, rispetta almeno quelle europee – Antonio Di Pietro

avevo già maturato la decisione di votare Antonio Di Pietro, e con queste sue dichiarazioni mi convinco sempre di più che sto prendendo la decisione migliore

fonte: Corriere della Sera

Posted in Italia | Tagged , , , , , , | Leave a comment

vendersi per denaro…. vendendo la nostra salute

se si vende il proprio corpo per denaro si chiama prostituzione, e per qualcuno (ma non per la maggior parte, dato che è il mestiere più antico del mondo) è una pratica moralmente inaccettabile.

se si vende il proprio voto si è probabilmente italiani, quasi sicuramente parlamentari italiani

se si vende la propria onestà mentendo pubblicamente si è quasi di sicuro degli scienziati (o pseudo-tali)

Umberto Veronesi è un oncologo di fama mondiale, ex ministro della sanità e sicuramente una persona la cui opinione ha una forte presa sulla gente comune (leggi ignorante)

Umberto Veronesi ha in comune con Zichichi la familiarità con le apparizioni televisive e l’aver perso (semmai l’avessero avuta) l’onestà intellettuale, ovvero il saper mantenere separate le proprie convinzioni personali dalle opinioni espresse in qualità di “esperti”

Umberto Veronesi ha mentito pubblicamente in televisione affermando che i moderni termovalorizzatori “non inquinano”

l’affermazione di Veronesi mi fa schifo, non per il concetto in se (chiunque può sbagliare, chiunque può ignorare gli studi compiuti, chiunque può non capire un cazzo di come funziona il ciclo dei rifiuti, del perché sono stati costruiti i termovalorizzatori, delle nanoparticelle emesse e non filtrate perché non esistono filtri in grado di filtrarle…)

chiunque può non sapere che le nanoparticelle emesse dai termovalorizzatori causano l’insorgere di tumori (ma un oncologo del calibro di Veronesi non legge, non si aggiorna?)

non tutti però hanno un interesse economico diretto nel negare che i termovalorizzatori inquinano

Veronesi ha interessi economici nel negare l’inquinamento dovuto ai termovalorizzatori dato che la sua fondazione percepisce finanziamenti da aziende che i termovalorizzatori li costruiscono e li gestiscono, per esempio:

ACEA – multiutility con inceneritori

PIRELLI – (petrolio, centrali ad olio combustibile)

ENEL (Centrali a Carbone ed oli pesanti e pure nucleare)

VEOLIA Envoirment (ditta che costruisce inceneritori!!!)

P.S.

a riprova del fatto che gli inceneritori non sono la soluzione ma solo un modo di affrontare temporaneamente il problema dei rifiuti dovuto al loro abnorme aumento, in Germania, “patria” di termovalorizzatori, si pianifica un loro smantellamento per approdare invece ad una gestione a ciclo chiuso dei rifiuti, dove il problema viene affrontato sin dalla produzione di un prodotto per poter avere un riciclo completo.

la notizia trae spunto da: Veronesi dichiara che “i moderni termovalorizzatori non inquinano”

a riguardo leggete anche l’articolo Cancronesi e le previsioni sul cancro sul blog di Beppe Grillo

9 febbraio 2009 – aggiornamento
le summenzionate ditte non figurano più tra le aziende partner della Fondazione Veronesi, bensì come partner per la Conferenza Mondiale The Future of Science, la quale è organizzata da tre fondazioni, cioè la Giorgio Cini, la Silvio Tronchetti Provera e la Umberto Veronesi

Interessante però andare a leggere quali siano i partner di queste fondazioni… ebben ritroviamo le assicurazioni Genereali, banca SanPaolo… insomma le aziende che a loro volta sono azioniste di Acea, Eni, Enel e compagnia bella… una bella operazione di maquillage insomma, ma grattando scostando il velo della fondazione ritroviamo le stesse aziende che finanziano le fondazioni

Posted in ambiente & ecologia, che schifo, disinformazione, Italia, multinazionali | Tagged , , , , , , , | Leave a comment

un porco coi baffi

 Da IlGiornale.it: 28giugno2007 –

– Oltre 7 milioni di € pagati da Telecom a Maurizio Costanzo per consulenze: emerge dalla verifica fiscale che la Guardia di finanza da oltre sette mesi sta conducendo sulle spese sostenute dal gruppo telefonico, negli uffici della sede di piazza Affari. Non sarebbero state individuate le prestazioni (report scritti, relazioni aziendali) che potrebbero giustificare simili esborsi.

Maurizio Costanzo, né è indagato, né oggetto in prima persona di verifica fiscale, fino a quando IlVelino.it e Panorama.it hanno rilanciato la storia nel web senza però indicare il nome del personaggio destinatario della super-consulenza.
Costanzo, interpellato dal Giornale: «Tutto alla luce del sole con fatture e pagamenti di tasse. Cerchiamo quindi di non stupirci come i pastori al passaggio della cometa nel giorno di Natale. Da vent’anni sono consulente e ho sempre fatto questo mestiere tanto che le numerose verifiche della Guardia di finanza su miei conti e mie società si sono concluse sempre con un nulla di fatto e ne vado orgoglioso».

Le fatture al vaglio della verifica risultano emesse sia dal presentatore in prima persona sia dalla Mcc, la Maurizio Costanzo Comunicazione, società che vede tra i soci al 50% lo stesso Costanzo, al 46% la 21, investimenti SpA del gruppo di Alessandro Benetton e un 4% intestato alla Siref fiduciaria.
Il nome di Maurizio Costanzo è quindi l’unico finora emerso tra i consulenti top del gruppo Telecom nell’era Tronchetti Provera. –

Commento:

Che è accaduto di quella verifica? Nulla. Ci aggiungerei che la 21 Investimenti SPA investe nella Fininvest di Berlusconi, il solito gioco delle scatole cinesi. E pure che la Siref fiduciaria , che ha la faccia tosta di dichiararsi Onlus (senza fini di lucro), fa parte del Gruppo Bancario Intesa S.Paolo, il cui presidente è Angelo Caloia, presidente per quindici anni allo IOR, la banca del Vaticano. Insomma l’Opus Dei non è estranea, nessuno si illuda che in Vaticano un laico possa entrare nelle sue casse se non è iscritto Opus Dei (per saperne di più leggi:  La realtà dell’Opus Dei che nessuno racconta  http://corvacci.net/?p=194 )

Costanzo è stato indagato molte volte ma ne è uscito sempre per il rotto della cuffia, da un lato potente per la longa mano di Berlusconi, dall’altra grande sostenitore della sinistra, propagandista di Rutelli al cui seguito fu fatto assessore nel comune di Roma.

Rappresentante del vero politico moderno, che predica il suo partito e collude coll’altro in nome del Dio danaro.

Nel suo curriculum ha un’infinità di successi e qualche insuccesso, tra questi il suo nome iscritto alla P2 (tessera 1819), per cui fu indagato ed escluso dalla TV nazionale per riciclarsi in quella di Berlusconi.

Di lui disse Rizzoli alla commissione di Tina Anselmi sulla P2 – Posso dire che il giornalista Maurizio Costanzo entrò nel gruppo Rizzoli su precisa raccomandazione di Licio Gelli, il quale era in stretti rapporti col predetto e alla cui carriera mostrava di tenere particolarmente. Il Costanzo era un vero e proprio superprotetto del Gelli… Fu così che il Costanzo divenne dapprima direttore della “Domenica del Corriere”, poi dei servizi giornalistici della Tv privata della Rizzoli, poi ancora del quotidiano “L’Occhio”. –
Anche Berlusconi faceva parte della P2, ma anche su di lui non emersero accuse. Dall’indagine su Costanzo idem, come al solito un nulla di fatto. La Casta si sa è intoccabile.

Insomma intrallazzando tra dx e sx l’immenso potere di Costanzo e sua moglie perdura…

fonte: corvacci.net

Posted in approfondimenti, che schifo, Italia | Tagged , , , , , , , , , | 1 Comment

Online tutta la ricerca di Harvard

Ricerca, documenti accademici, studi dei più acclamati luminari: tutto online, tutto consultabile da tutti. Harvard balza nel web, si lascia avvincere dalle prospettive della libera circolazione della cultura. I docenti delle facoltà scientifiche e artistiche dell’università americana hanno aderito all’unanimità alla proposta di riversare in rete i documenti che produrranno.

Harvard ha scelto la via dell’Open Access, una via battuta già da numerose istituzioni in tutto il mondo: i docenti potranno condividere quanto elaborato, i ricercatori potranno offrire ad un pubblico accademico e non i risultati della propria attività, perché venga vagliata e rielaborata, consolidata e reimpiegata. Il tutto verrà ospitato in un archivio online gestito dalla biblioteca dell’ateneo: l’accesso ai documenti sarà gratuito ed immediato per chiunque abbia accesso a Internet, il materiale sarà aperto ai crawler dei motori di ricerca perché guadagni ulteriore visibilità. Una scelta sicuramente gradita tanto a Google, già impegnata su questo fronte, quanto ad Internet Archive che sulla ricerca online ha puntato moltissimo.

Gli autori dei documenti, nel contempo, non perderanno i propri diritti su quanto renderanno pubblico: potranno trarre profitto dal proprio lavoro, potranno decidere di offrirlo alle stampe consegnandolo agli editori che non temono di pubblicare materiale già disponibile online. Ma saranno svincolati dal meccanismo limitante dell’immissione dei documenti nel circuito di nicchia delle riviste specialistiche: sono costose e si rivolgono a un pubblico estremamente ristretto. Ristretto al punto che l’operato dei ricercatori non riesce a sconfinare dalle mura dell’ateneo nel quale è stato prodotto, non riesce a costituire un mattone per edificare ulteriore cultura.
Le ricerche scaturite dalle facoltà di Harvard convergeranno automaticamente nel database Open Access dell’ateneo, tuttavia i docenti potranno chiedere di escludere i propri documenti dall’archivio. Un’opzione che è probabile rappresenterà un’eccezione: la proposta è stata acclamata da insegnanti e ricercatori.

Ma l’opposizione degli editori è già dietro l’angolo: Allan Adler, rappresentante della Association of American Publishers (AAP), teme che una soluzione open access mini alla base il processo di peer review al quale le riviste sottopongono gli articoli dei ricercatori. Una lacuna che rischia di compromettere l’affidabilità della cultura accademica messa in circolazione.

Ma i sostenitori del movimento Open Access non temono quanto paventato dagli editori: il libero fluire della cultura ne garantisce la conservazione e il rinnovamento e innesca un meccanismo di revisione declinato su scala universale. Un fluire della cultura che ne assicura la conservazione e il rinnovamento.

Gaia Bottà

fonte: Punto-Informatico.it

Posted in informazione, internet | Tagged , , , | 1 Comment

enjoy capitalism

Posted in ambiente & ecologia, che schifo, economia, guerra, immagini, multinazionali, Stati Uniti d'America | Tagged , | 2 Comments

USA dollari, guerre e petrolio

DI FRK
Umanità Nova

Il prezzo della benzina è aumentato, lo dice anche la televisione, quindi dev’essere vero.
Ancora di più è aumentato il prezzo del diesel, e questo la televisione non lo dice, perché dovrebbe spiegare la discrezionalità delle compagnie petrolifere nel fissare il prezzo dei carburanti ed il fatto che, essendoci ormai più auto diesel che non a benzina, hanno tutto l’interesse a farlo pagare di più della benzina, indipendentemente dai minori costi di produzione.

Il petrolio poi, è quasi arrivato a 100 dollari al barile. Cifra che, per una strana coincidenza del caso e degli interessi dell’amministrazione statunitense, era quella auspicata da Bin Laden in un video diffuso dopo gli attentati dell’undici settembre 2001, quando il petrolio costava meno di 20 dollari al barile.

Già, che strano modo di misurare il petrolio, quello dei barili. Che vengono graficamente ed iconograficamente rappresentati come bidoni, mentre in origine erano barili veri e propri, fatti di doghe di legno. Abbondavano in Pennsylvania dove venivano usati per immagazzinare whisky e, siccome erano a buon prezzo, furono usati dal “colonnello” (titolo assolutamente falso) Drake per stoccare il petrolio che aveva trovato in uno dei primi pozzi statunitensi.

Un barile contiene convenzionalmente 42 galloni (circa 159 litri). Il che significa che, anche a 100 dollari il barile, un litro di petrolio costa circa 42 centesimi di euro, poco più dell’acqua minerale che si compra al supermercato. Incidentalmente rileviamo che l’acqua minerale è imbottigliata nella plastica ricavata dal petrolio stesso (solo per fabbricare le bottiglie di plastica per l’acqua, non biodegradabili, si utilizzano circa 1,5 milioni di barili l’anno). Il petrolio è come il maiale: non si butta niente, anche se sporca un po’ di più! Dal petrolio si ricavano GPL, benzina, cherosene, gasolio, bitume, asfalto ed una miriade di altre cose, tra cui la già citata plastica (che assorbe il 4% del consumo mondiale di petrolio).

Quando si ragiona sugli usi del petrolio viene spontaneo pensare: per forza che costa così tanto, è una risorsa limitata e c’è una domanda crescente. Peccato però che il meccanismo di determinazione del prezzo non funzioni così. Anche perché, visto che nel 1999 costava 10 dollari al barile, vorrebbe dire che si sono esauriti, in otto anni, tutti i giacimenti del mondo.
Il prezzo dell’oro nero (che poi nero non è, visto che è verde o, al massimo, marrone scuro) varia in relazione alla qualità del greggio, determinata da due caratteristiche: il contenuto in zolfo (per il quale si distingue tra dolce ed acido) e la densità (secondo cui si distingue in pesante, medio e leggero).
Un petrolio più leggero e con meno zolfo costa più di un petrolio più pesante ad alto contenuto di zolfo, visto che quest’ultimo ha bisogno di maggiori lavorazioni.

Ogni area geografica produce il suo tipo di petrolio (per alcune aree si tratta di una miscela tra il petrolio di giacimenti vicini con caratteristiche affini): c’è l’Ural russo, l’Arabian arabo, il Maya messicano, il Dubai degli Emirati, e così via. Il prezzo del petrolio però viene fatto nelle borse mondiali e siccome le piazze finanziarie più importanti del pianeta sono Wall Street (a New York) e il London Stock Exchange (a Londra) è lì che ci sono i mercanti che fanno il prezzo del petrolio. Per farlo utilizzano i tipi di petrolio estratti in quei paesi: il WTI (West Texas Intermediate) negli USA e il Brent inglese del Mare del Nord.
Entrambi questi greggi vengono quotati in dollari, che è la moneta di regolazione di tutte le transazioni petrolifere. Per questo motivo si è creata la situazione per cui vengono trattati quotidianamente, sul mercato londinese, quantitativi di “Brent” superiori di 1.000 volte la produzione massima di tutti i pozzi del Mare del Nord. E si è creata la situazione per cui due tipi di petrolio (il Brent e il WTI) che rappresentano meno dell’1% del petrolio estratto nel mondo determinano il prezzo del 99% degli altri greggi.
Se poi si approfondisce il meccanismo di funzionamento del mercato dei “futures”, dove, con scarse disponibilità di moneta, si spostano grandi quantità di merci “di carta”, si capisce che il mercato del petrolio, più che dalla domanda e dall’offerta dipende dalle disponibilità finanziarie e dalle scelte delle corporation e del governo USA (che stampa i dollari con cui viene pagato).

L’utilizzo del dollaro come unità di valore dei barili di petrolio ed il controllo del prezzo al barile attraverso i mercati finanziari sono gli ultimi strumenti rimasti al governo USA per il controllo del mercato petrolifero mondiale. Le famigerate “sette sorelle”, le compagnie petrolifere occidentali che facevano il bello ed il cattivo tempo sui mercati, ormai controllano meno del 6% della produzione di petrolio, che è, invece, saldamente in mano alle compagnie nazionali degli stati produttori.
Questa situazione ha però consentito agli USA di risolvere un loro problema ancora più grande.

Gli USA infatti vivono, dal punto di vista economico, con una spada di Damocle sulla testa. Siccome gli statunitensi hanno delocalizzato molte produzioni hanno un gigantesco deficit commerciale, cioè importano molte più cose di quante ne esportino. Normalmente uno stato in queste condizioni svaluta la propria moneta, facendo così salire il costo dei beni importati e diminuendo il costo delle merci esportate, fino a raggiungere un nuovo equilibrio della bilancia commerciale. Per poter svalutare la moneta il modo più classico è la riduzione dei tassi d’interesse. La diminuzione dei tassi d’interessi USA serve anche al sistema finanziario statunitense a salvarsi dalla bancarotta derivante dalla crisi dei mutui, utilizzati negli scorsi anni per consentire l’acquisto di merci a debito da parte delle famiglie americane che oggi non sanno come restituire i soldi presi in prestito.
Ma gli USA hanno anche un altro problema. Hanno una spesa pubblica, che va a finanziare il complesso militare ed industriale, enorme.

Visto che non hanno possibilità di tagliare la spesa sociale (per la semplice ragione che è ridotta a meno del minimo), l’unico modo che avrebbero per mantenere in equilibrio il bilancio dello stato sarebbe quello di aumentare le tasse, argomento improponibile agli statunitensi che si recano a votare. Il risultato è il più grosso debito statale del mondo. Per finanziare il debito uno stato normale è costretto ad emettere obbligazioni e titoli di stato; e se ne emette tanti è costretto ad offrire tassi d’interesse elevati per attrarre capitali dall’estero.
Insomma l’esatto opposto di quello che dovrebbe fare per ridurre il deficit commerciale.
Visto che gli USA non sono uno stato come gli altri hanno trovato una soluzione per salvare capra e cavoli. Invece di finanziare il deficit statale emettendo titoli di stato, lo finanziano stampando dollari, il resto del mondo è costretto ad acquistare dollari per pagare le forniture di petrolio e, così facendo, assorbe la massa monetaria emessa in eccesso e gli USA non rimangono avvinti dalla spirale inflazionistica che, altrimenti, si sarebbe creata.
Inoltre le forniture di petrolio effettuate direttamente agli USA (consumano il 24% di quello che viene estratto al mondo) sono pagate direttamente in titoli di stato, che i possessori non rivendono, neanche in parte, per timore che un crollo dei loro corsi possa svalutare tutto il loro patrimonio.

Risolto in questo modo il finanziamento del deficit dello stato la Federal Reserve (la banca centrale USA) può tenere bassi i tassi d’interesse e svalutare il dollaro per cercare di riequilibrare la bilancia commerciale.
Questo schema però ha bisogno di prezzi del petrolio sempre crescenti, per cui non può durare in eterno.
Per soddisfare le esigenze di bilancio degli USA e della famiglia Bush (che, di mestiere, fanno i petrolieri) ci vorrà, prima o poi, un’altra guerra, magari contro l’Iran che sta cercando di usare l’Euro al posto del Dollaro per vendere il proprio petrolio, o contro il Venezuela che, disponendo di ingenti capitali grazie all’aumento del prezzo del greggio, sta sostituendo gli USA come prestatore di capitali agli altri stati del Sud America.

FRK
Fonte: http://isole.ecn.org
Link: http://isole.ecn.org/uenne/archivio/archivio2008/un01/art5094.html
Umanità Nova, n.1 del 13 gennaio 2008, anno 88

Posted in approfondimenti, economia, multinazionali, Stati Uniti d'America | Tagged , , , , , , , | Leave a comment

obesi per un infausto destino…

Lo hanno scritto sull’American Journal of Clinical Nutrition:ciccio.jpg

l’obesità è dovuta in massima parte ai geni.

“La ricerca inchioda la genetica alle sue responsabilità anche sul fronte chili di troppo: le differenze nell’indice di massa corporea e nel girovita sono infatti al 77% imputabili ai geni

(…)

“E’ sbagliato – afferma – dare tutta la colpa ai genitori se un bambino è grasso: è infatti più probabile che ciò sia legato alla sua predisposizione genetica. Questo non vuol dire che chi è geneticamente predisposto diventerà sicuramente obeso, ma senz’altro corre maggiori rischi di diventarlo”

/ RaiNews

Evvai, distrutto un altro luogo comune sulla ciccia.

fonte: obesi per caso

Posted in immagini, Stati Uniti d'America | Leave a comment