La produzione di energia elettrica da nucleare è uno dei settori più sovvenzionati al mondo

È soprattutto grazie alle generose elargizioni pubbliche che l’elettricità prodotta dai reattori può rimanere concorrenziale sui mercati dei Paesi industrializzati. Prelevati dalle tasche dei contribuenti, i finanziamenti sono garantiti in tutte le fasi del processo. Il primo, e molto spesso trascurato, ambito è quello della ricerca, dove il nucleare assorbe più di tutte le altre fonti messe insieme. È quanto dimostrano i dati dell’International Energy Agency, secondo cui tra il 1974 e il 2006 gli studi, i progetti e le ricerche sulla tecnologia per la fissione e per la fusione nucleare hanno assorbito il 48,4 per cento delle spese di ricerca per l’energia nei Paesi industrializzati.

Anche se molto spesso celati e difficili da rintracciare, i sussidi sono poi garantiti nel lungo percorso che inizia con la posa della prima pietra e termina nei depositi temporanei di scorie. Si passa dagli investimenti, forniti con prestiti agevolati e protetti da agenzie di stato, al tetto assicurativo in caso di incidente, ridotto a cifre ridicole rispetto al rischio reale; dalla produzione, sussidiata in bolletta, allo smantellamento delle centrali che in molti casi finisce per costare quanto la costruzione e ricadere interamente sulla società. Fase per fase ecco alcuni esempi dei sussidi garantiti nei Paesi industrializzati alle centrali nucleari.

Ricerca Giappone Dei 3,6 miliardi di dollari versati nel 2006 dal governo alla ricerca nel settore energia, 2,2 sono stati destinati al nucleare.
Negli ultimi 20 anni in Giappone il nucleare ha assorbito oltre il 60 per cento della ricerca energetica.
Costruzione Francia Attraverso la COFACE, lo Stato copre i rischi di impresa per la costruzione di centrali all’estero. I circa 2,5 miliardi di euro che la società francese Areva dovrà pagare per i ritardi e gli extra costi nella costruzione del reattore di Olkiluoto in Finlandia, saranno versati dai contribuenti francesi.
Produzione Stati Uniti Lo Us Energy Policy Act, approvato nel 2005, assicura alle nuove centrali un sussidio di 1,8 centesimi di dollaro per ogni kW/h prodotto.
Assicurazione degli impianti Stati Uniti La copertura assicurativa di ogni impianto non deve superare i 300 milioni di dollari. In caso di incidenti più gravi lo Stato si fa carico dei danni. Per i primi due anni di attività l’assicurazione è completamente pagata dallo stato. Friends of the Earth stima che in caso di grave incidente i danni economici possono essere 1000 volte maggiori della copertura assicurata.
Smaltimento delle scorie Italia I fondi per lo smaltimento delle scorie delle ex centrali sono prelevati in bolletta. Tra il 1987 e il 2006 la spesa pubblica è stata di 2,5 miliardi di euro. Nei prossimi 20 anni si stima saranno necessari altri 3,5 miliardi.
Smantellamento delle centrali Gran Bretagna 100 miliardi di euro è l’ultima stima di spesa per lo smantellamento degli impianti britannici. Esborso in gran parte coperto dal governo.

Non esiste nessuna stima complessiva sulle spese nucleari dei Paesi industrializzati. È fuori dubbio però che nel momento in cui il rubinetto dei sussidio dovesse chiudersi gli investimenti nucleari non sarebbero più convenienti.  È quanto accaduto negli Stati Uniti, dove la temporanea diminuzione dei fondi nel corso degli ultimi 30 anni ha congelato i progetti di nuove centrali . Un’attività, quella nucleare, ripresa solo di recente grazie all’approvazione nel 2005 dello Us Energy Policy Act, legge che assicura alle nuove centrali un sussidio di 1,8 centesimi di dollaro per ogni kW/h prodotto, oltre a un ulteriore sussidio di 500 milioni  di dollari per l’assicurazione di ogni nuovo reattore.

Fondi che si vanno a aggiungere alle numerose sovvenzioni previste per leggi e regolamenti specifici. Solo per fare un esempio, uno studio di Earth Track sul terzo reattore in costruzione alla centrale di Calvert Cliffs, nel Maryland, ha individuato sette sussidi diversi per un sostegno complessivo di 8,4 cent a kW/h contro i 3,7 messi dal privato.

Misure di questo tipo sono comuni in molti altri Stati e contribuiscono a mantenere artificialmente basso il prezzo del nucleare, nascondendo i suoi costi reali. Secondo un recente studio pubblicato negli Stati Uniti dalla Keystone, e condiviso dall’industria, senza l’intervento pubblico e a parità di condizioni, l’elettricità di una nuova centrale nucleare è destinata a costare tra gli 8 e gli 11 centesimi di dollaro per kW/h. Il doppio rispetto alla media americana.

fonte: i sussidi che fanno male al pianeta (capitolo 3)

esempio: il gioco delle scatole cinesi per il reattore di Olkiluoto

Da molti il reattore EPR attualmente in costruzione ad Olkiluoto, in Finlandia, viene ritenuto un modello per il rilancio del nucleare nei paesi industrializzati. Un modello talmente conveniente, come si è ripetuto sin dall’inizio del progetto, da non richiedere alcun sostegno pubblico. Nelle linee guida per il progetto adottate nel 2002, il governo finlandese assicurava che la costruzione della centrale sarebbe stata realizzata esclusivamente grazie a fondi di investimento privati.

A distanza di due anni dall’avvio del cantiere, è tuttavia sempre più evidente che il sostegno pubblico e  una lettura molto permissiva delle normative europee hanno avuto un ruolo determinante nell’avvio dei lavori. L’investimento iniziale è stato garantito da una cordata di banche guidata dalla tedesca e pubblica Bayerische Landesbank, che hanno erogato prestiti per 1,95 miliardi di euro ad un tasso di interesse ultra agevolato del 2,6 per cento.

Le imprese che partecipano alla realizzazione della centrale sono inoltre tutelate per ogni eventuale aumento della spesa di costruzione del reattore. Secondo il contratto iniziale a farsi carico degli aggravi saranno le due società a cui è affidata l’opera di realizzazione: la francese Areva e la tedesca Siemens, che hanno l’obbligo di pagare il disavanzo nel caso venga superato il tetto massimo di spesa di 3,2 miliardi di euro. Attraverso un gioco di scatole cinesi però le due imprese hanno scaricato ogni rischio sui contribuenti dei rispettivi Paesi, cosa che si è puntualmente verificata. In corso d’opera i lavori sono già slittati di oltre due anni e il costo della costruzione ha superato i 4,5 miliardi di euro, sforando di oltre il 50 per cento rispetto a quanto inizialmente previsto. Areva e Siemens dovranno perciò farsi carico degli aggravi di spesa che insieme alle penali per il ritardo ammontano per ora a 2,5 miliardi di
euro.

Nel caso francese a coprire interamente questi oneri, così come ogni ulteriore rischio, sarà l’erario. L’Areva è infatti una società a controllo quasi totalmente
statale. Sempre lo Stato francese, come ulteriore garanzia, ha già versato 570 milioni di euro attraverso la sua agenzia di credito alle esportazioni, la COFACE. Lo stesso ha fatto l’agenzia di credito alle esportazioni svedese, l’EKN, che ha messo sul piatto altri 100 milioni di euro. L’intervento delle agenzie di credito appare particolarmente controverso in quanto per loro natura questi enti sono incaricati di proteggere le imprese nazionali che investono in paesi a rischio ovvero, secondo quanto normalmente accade, nelle economie in via di sviluppo. Nel caso EPR invece le agenzie sono intervenute non solo in un paese industrializzato e non a rischio, ma anche membro del medesimo mercato interno: l’UE.

Detto in altri termini, in mancanza di una solida copertura il tetto di spesa fissato a 3,2 miliardi sarebbe risultato inaccettabile per qualsiasi impresa. In queste condizioni potrebbe invece risultare paradossalmente conveniente per Areva e Siemens, che hanno la possibilità di lanciare sul mercato ad un prezzo stracciato un “prodotto nuovo” come il reattore EPR.
È quello che in qualsiasi altro contesto sarebbe stata definita un’operazione di dumping. Ma non finisce qui.

Più di un dubbio sorge infatti anche sul versante finlandese, a cominciare dalle esenzioni fiscali garantite al consorzio di imprese proprietarie della centrale e a finire con il costo dell’elettricità. Prima ancora che la centrale sia terminata, è già stato fissato il prezzo dell’energia che verrà venduta per i successivi 60 anni, assicurando così la proprietà da possibili rischi e dall’eventualità che un domani altre fonti siano più concorrenziali. A sottoscrivere questo contratto anticipato sono stati anche alcuni comuni finlandesi, che per 60 anni continueranno a dover comprare l’elettricità nucleare anche se nel giro di pochi anni le fonti rinnovabili, come si prevede, avranno prezzi molto più competitivi di oggi.

Un tale intreccio di fondi, agevolazioni e tutele garantiti con soldi pubblici ha spinto la Commissione europea ad aprire, nell’ottobre 2006, un’indagine per infrazione sulle regole di mercato. In base ad una denuncia presentata dalla Fondazione europea per le energie rinnovabili (EREF), la Commissione dovrà esaminare, alla luce dei regolamenti sugli aiuti di Stato, almeno cinque aspetti della vicenda finanziaria che hanno accompagnato l’avvio dei lavori finlandesi:

  • Il prestito agevolato con un tasso d’interesse preferenziale al 2,6 per cento
  • Le garanzie delle agenzie di credito all’esportazione francese e svedese
  • l’obbligo di acquisto ad uno specifico prezzo sottoscritto per 60 anni dalle autorità municipali di alcuni comuni finlandesi
  • L’ipotesi di dumping nella futura determinazione del prezzo dell’energia finlandese
  • l’ipotesi di dumping nell’affidamento dei lavori di costruzione ad Areva e Siemens ad un prezzo fisso ed esageratamente basso
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