Approfondiamo il tema del reddito di cittadinanza (vedi anche Reddito universale anziché sussidi. L’esempio svizzero )
Nessuno deve lavorare, ma chi vuole lo può fare. E’ la prima visione di società per il 21esimo secolo che il bimensile svizzero Beobachter ha proposto ai suoi lettori il 6 gennaio 2011, poi ripreso da altri.
Quello che può sembrare il Paese del bengodi è invece un’idea che trova adepti a destra come a sinistra. Anziché spingere i disoccupati in un mondo del lavoro che non ha bisogno di loro, essi disporrebbero di una somma per poter vivere. Se poi trovassero un lavoro retribuito, se la passerebbero meglio. Tutto qui. A quel punto non ci sarebbero più persone a carico della società e nessuna invidia sarebbe giustificata, giacché il reddito di base spetterebbe a tutti.
Certo, anche i dubbi albergano in ambedue gli schieramenti. Comunismo dolce o liberalismo puro? Ma già il discuterne può indurre a cambiamenti.
Quest’anno in Svizzera ci saranno le elezioni politiche e non è il momento giusto per una proposta di legge d’iniziativa popolare. Meglio aspettare il 2012, quando i cittadini si saranno liberati dalle promesse elettorali. Nel frattempo il tema può essere trattato da pubblicazioni, film, incontri, forum in Rete. E non mancano personalità importanti che si dicono d’accordo con questa visione.
“Chi è contrario cerca motivazioni, chi è favorevole trova le strade”, dice Daniel Haeni (44 anni), responsabile di una struttura polifunzionale ricavata da un’ex banca a Basilea. Il reddito incondizionato è un impulso culturale, dice. “Nessuno deve temere che sarà introdotto già domani. Ma appena l’idea dovesse trovare una maggioranza diventerà ovvia come il voto alle donne”.
La domanda che Haeni si pone da vent’anni è: che cosa fanno le persone quando non sono costrette a fare qualcosa? Lui, ad esempio, ha usato il reddito incondizionato per un anno, avuto da una fondazione, per gettare le basi della sua attività -l’ex banca ristrutturata e affittata ad artisti, ricercatori, architetti, Ong, e con un caffè dove le consumazioni non sono obbligatorie (sorprendente quanto la gente consumi se non è tenuta a farlo).
Che cosa farebbero le persone se disponessero di un reddito “a prescindere” se l’è chiesto anche la rivista economica tedesca brand eins, con questi risultati: il 90% degli intervistati ha risposto che continuerebbe a lavorare, ma l’80% pensa che gli altri smetterebbero subito. Qui i conti non tornano. Forse perché le persone non sono sincere con se stesse? Oppure ingiuste verso gli altri? “E’ corretta l’ultima risposta”, dice Haeni. “Abbiamo in mente due immagini dell’uomo: una vale per me e i miei amici, la seconda per tutti gli altri”. E perché agli altri tocca l’immagine peggiore? “Molte persone si sentono sempre sotto minaccia anche se viviamo nella sovrabbondanza economica. Pensano che gli altri abusino della nostra fiducia, quando invece -se fossimo sinceri- vedremmo che succede molto di rado. Tutta la nostra vita si costruisce sulla fiducia”. Purtroppo, i mezzi di comunicazione e i politici alimentano le paure, ed è un freno per gli individui. “Il reddito di base potrebbe togliere la paura di fondo ed essere uno stimolo per liberare la creatività “. Haegi ne è convinto. Già il confrontarsi con l’idea aiuta.
Con lui c’è Daniel Straub, che un anno fa ha creato insieme a un amico l’Agenzia del reddito di base, per la ricerca e l’introduzione di questo strumento. I tre portano avanti la proposta di legge d’iniziativa popolare. Straub è convinto che i disoccupati siano un grave danno umano ed economico per tutti. Parla di una burocrazia abnorme dedita a individuare, controllare, gestire chi non lavora; di una crescita insensata di operatori sociali molto ben pagati, di medici e legali che altro non fanno se non cercare di capire quali disoccupati, e per quale motivo, sono a carico di un ente assicurativo o sociale anziché di un altro. Ecco perché l’idea piace anche a persone di cultura liberista.
Per quanto i motivi del reddito universale possano essere diversi, la soluzione è la stessa. Semmai si litiga sulla somma e su chi dovrebbe finanziarla. C’è chi vorrebbe tenerla bassa per mantenere alta la motivazione al lavoro. Haeni e Straub invece la vorrebbero più alta, in modo che le persone s’impegnino socialmente senza dover rincorrere un impiego retribuito. Una dozzina di persone al mondo s’è occupata di quest’aspetto. Nella pubblicazione di Basic Income Earth Network sul finanziamento del reddito universale, ci sono anche i calcoli relativi alla Svizzera. Vi si legge che oggi è possibile dare alla popolazione 1500 franchi (1150 euro) a testa (inclusi i bambini) senza dover aumentare la quota delle prestazioni sociali -che rappresentano un quarto del Pil. 1500 franchi sono 1000 in meno del minimo esistenziale calcolato dalla Conferenza svizzera per l’aiuto sociale (SKOS). Ma con un reddito da lavoro, la maggioranza dei cittadini disporrebbe di una somma superiore all’attuale. Il reddito di base potrebbe così raggiungere una cifra consona a una vita dignitosa, garantita dalle imposte sui patrimoni e i redditi più alti. Per Haeni questa sarebbe una pessima soluzione. “Tutte le imposte e i contributi che oggi vengono prelevati nel corso del processo produttivo dovrebbero essere presi al momento della vendita del prodotto, attraverso l’imposta sul valore aggiunto (Iva). Oggi, chi produce paga imposte e contributi per il personale, che poi riversa sul prodotto finale, perciò è sempre il consumatore a pagare”. Ecco perché Haeni vorrebbe l’adeguamento continuo dell’Iva, che considera un’imposta più trasparente e più onesta, che non intralcia il processo produttivo, che non scappa, ed è anche globalmente la più giusta. Questa sua teoria è condivisa da Goetz Werner, proprietario della catena tedesca di drogherie DM (33000 dipendenti e un fatturato di 5,2 mld di euro), da tempo favorevole al reddito universale da finanziare attraverso una riforma radicale dell’Iva. E’ un argomento che va a colpire un tabù della sinistra, ossia l’uguaglianza sociale tramite la progressività delle imposte. L’imposta sul valore aggiunto è uguale per tutti, ma chi consuma di più paga anche più Iva -ecco il risvolto di giustizia sociale.
Pulire per continuare a viaggiare in Porsche
Daniel Haeni pensa che sia giunto il momento di dire addio alla tradizionale lotta per il lavoro. Il lavoro retribuito non è più un buon criterio per la redistribuzione della ricchezza e qualche sindacato comincia ad accorgersene.
Resta la domanda di chi dovrebbe fare i lavori meno gratificanti. “Le aziende dovranno proporre offerte appetibili e concorrenziali. Può darsi che in futuro la donna delle pulizie viaggi in Porsche”. Poi si corregge: “Gli uomini andranno a fare le pulizie per poter continuare a viaggiare in Porsche”.
Da un’intervista di Beobachter a Oswald Sigg, ex portavoce del Governo svizzero
“Da tempo rifletto sul reddito universale. Al momento m’interessa capire come far maturare l’idea nella nostra cultura politica. L’unico modo è una legge d’iniziativa popolare. Basterebbe un testo breve: La Confederazione introduce un reddito di base per tutti gli abitanti. I particolari sono stabiliti da una legge. Dopo ci sarà buriana, l’iniziativa verrà bocciata, così come quella successiva, ma forse in 20, 30 o 50 anni l’obiettivo sarà raggiunto.
La democrazia diretta può essere un indicatore insperato di nuove visioni del mondo. Anche quando non centra il bersaglio, porta a dei risultati, magari parziali”.
Incontro pubblico a Zurigo
Il 19 marzo si è tenuto un incontro su questo tema al Kongresshaus di Zurigo. Se per Roger Koeppel, redattore capo del settimanale Weltwoche, il reddito universale è un errore in quanto toglie alle persone la spinta alla produttività , per l’ex direttore economico della banca UBS, Klaus Wellershoff, è un’opportunità per potenziare le capacità operative. Il primo è convinto che un reddito garantito indebolisca la produttività e impoverisca la società ; il secondo crede che un tale cambiamento di paradigma favorisca la competitività di un Paese.
L’unico punto su cui i due si sono trovati d’accordo è che l’attuale sistema sociale ha davanti a sé enormi problemi e dev’essere cambiato.
Quello che è apparso chiaro dal duello tra i due è che l’idea del reddito universale non rientra negli schemi classici sinistra-destra. Sia gli oppositori sia i favorevoli portano in campo l’argomento Stato. I primi sostengono che per realizzare quest’idea ci vuole più Stato; i secondi dicono che il potere dello Stato verrebbe ridotto. Sarà perciò interessante osservare quali forze politiche sosterranno l’iniziativa -qualora vada in porto- e da dove soffierà il vento contrario.